Il Collegio di Coordinamento dell’Arbitro Bancario e Finanziario, con decisione n. 4580 del 12 maggio 2025, è tornato a interrogarsi sul valore giuridico della c.d. quietanza liberatoria sottoscritta dal cliente a seguito dell’estinzione anticipata di un finanziamento. Tema noto, certo, ma che continua a sollevare questioni, anche sottili, sul piano della volontà negoziale e della sua effettiva portata. Il Collegio ribadisce un principio già affermato in passato (v. decisione n. 8827/2017): la semplice dichiarazione del cliente di accettare una somma integrativa, accompagnata da un’affermazione di soddisfazione piena o di rinuncia a ulteriori pretese, non integra, di per sé, un atto di rinuncia abdicativa né un vero e proprio accordo transattivo. Si tratta, piuttosto, di una dichiarazione di scienza, priva – in assenza di elementi ulteriori – di efficacia estintiva. È necessario, perché si possa parlare di rinuncia o transazione, che siano chiaramente indicati gli importi, le causali, e la volontà espressa in termini inequivoci. E non vale – si noti – invocare formule generiche o clausole precompilate, se mancano riferimenti precisi a somme e voci oggetto di pretesa. Anche il reclamo eventualmente presentato prima della firma può aiutare a ricostruire l’effettiva consapevolezza del cliente. Esaurita l’eccezione preliminare, cioè ritenuta ininfluente la sottoscrizione di una quietanza generica, il Collegio affronta l’ulteriore richiesta di rimborso formulata dal cliente. Sul punto, afferma che si applica, per contratti anteriori alla L. 106/2021, l’art. 125-sexies TUB nella sua formulazione originaria, da leggere – come ormai acquisito – alla luce della sentenza Lexitor. Il rimborso parziale spetta sia per i costi “recurring” sia per quelli “up front”. Non si fa distinzione di principio: ciò che conta è la quota non maturata al momento dell’estinzione. Nel caso di specie, tutte le commissioni – comprese quelle di distribuzione – sono considerate recurring, in quanto riferite ad attività continuative. Si applica dunque il criterio del pro-rata temporis, già adottato in decisioni precedenti. Una pronuncia che conferma un orientamento di fondo: la tutela del cliente non si lascia ridurre a formule standard o dichiarazioni preconfezionate. Serve sostanza, serve consapevolezza, serve una volontà effettiva. Altrimenti, resta solo una firma.